Anna Ammirati (attrice e regista teatrale) Roma
7.2.2023
Intervista di Gianfranco
Gramola
“Quando mi propongono un ruolo, studio
tantissimo perché sul set voglio essere preparata, quindi pretendo la stessa
cosa dall’altra parte. Quando mi trovo in una situazione di mediocrità più
che arrabbiarmi, mi sento ferita, è come se mi mancassero di rispetto”
Nata a Napoli l’1 gennaio del 1979 sotto il
segno del Capricorno, Anna Ammirati si è diplomata in arte applicata e
fotografia e, trasferitasi a Roma, ha conseguito la laurea in psicologia presso
La Sapienza. Si è diplomata all’Accademia di Teatro di Beatrice Bracco e ha
frequentato diversi workshop di perfezionamento con Gerandine Baron, Greta
Seacat, Paul Haggis. Ha esordito a teatro piccolissima, quando aveva solo 8
anni, ma il primo grande successo è arrivato nel 1997 quando Tinto Brass la
volle per il film Monella. Da quel momento la sua carriera è stata costellata
da grandi successi e tantissimi lavori tra cinema e televisione. Ha lavorato per
il grande schermo con registi del calibro di Antonio Capuano, Alessandro
Genovesi o Fausto Brizzi, e ha preso parte a serie televisive come Donna
detective, L’Allieva, Squadra Mobile – Operazione mafia capitale e dal 2020
è nel cast di Mare fuori dove
interpreta il ruolo dell’agente penitenziaria Liz. Ha lavorato molto anche a
teatro e ha condotto il programma radiofonico C’era una volta su Rai Radio
Live.
Intervista
“Mare fuori”, terza stagione. In
un’intervista hai detto che Liz, il tuo personaggio, si evolve. In che
maniera? Diventa più sensibile, più premuroso?
Si evolve rispetto alle prime due stagioni e
in questa terza stagione completa un percorso, perché in realtà nelle ultime
puntate della stagione precedente, si rifiuta di aiutare un ragazzo dell’IPM
fuori dal carcere, perché il suo lavoro è dentro il carcere, non fuori e lui
muore. Passano gli anni e lei è consumata dai sensi di colpa. Invece in questa
terza stagione si trova di nuovo davanti ad una richiesta d’aiuto da parte di
uno di loro e questa volta dirà di si e questo si, porterà ad una serie di
conseguenze che vedrete dal sesto episodio in poi, perché succederà di tutto.
I tuoi prossimi impegni artistici?
Sarò a teatro nella parte di Sissi
l’Imperatrice, al teatro della Pergola di Firenze, con la regia di Roberto
Cavosi che si chiama “Le cure di bellezza della principessa Sissi”, prodotto
appunto dalla Pergola di Firenze, dallo stabile di Bolzano e dallo stabile di
Trieste.
Lavori ancora in radio?
No, ho fatto l’esperienza l’anno scorso
con il programma “C’era una volta” ma quest’anno non l’ho ripetuta, ma
mi piacerebbe ritornare a fare radio.
Com’è nata l’idea dei tuoi podcast
“Fluid” prodotti da Il Fatto Quotidiano?
In realtà a me interessa molto il sociale,
è sempre stato un campo in cui privatamente mi sono mossa. Poi è diventato
anche qualcosa che si è legato al lavoro, un po’ perché ho una figlia di 20
anni e ho vissuti per anni la storia dei giovanissimi, perché ce l’avevo in
casa e mi sono incuriosita, però mi interessa molto quella fascia di età lì,
perché si soffre tantissimo nell’adolescenza. Io sono stata un’adolescente
molto arrabbiata, molto ribelle, molto in contrapposizione con tutto, soffrivo
tantissimo, ho vissuto anch’io la non accettazione nei vari gruppi e quindi
non so, ho questa forte empatia con i giovanissimi. Infatti non a caso mi è
arrivato questo ruolo appunto e sono
stata felicissima quando me l’hanno proposto. “Fluid” ascoltando proprio
loro, la generazione zeta, mi sembrava un linguaggio totalmente extraterrestre,
non ho capito niente. “Io sono fluid – gender fluid – gender –
pansexsual” e ho sentito una marea di termini nuovi per cui ho iniziato a
farmi delle domande su cosa significasse questo linguaggio, che poi è un
paradosso perché più si va avanti e più non vogliamo etichette, specialmente
in quell’ambito lì, però questo linguaggio ne raccoglie decine
e decine di nuove. Quindi mi sono messa in viaggio in giro per l’Italia
con il microfono cercando di farmi spiegare dai giovanissimi che cosa vuol dire
essere “fluid” oggi e me l’hanno spiegato.
Mi racconti com’è nata la tua passione
per la recitazione? Hai qualche artista in famiglia?
Nessun artista in famiglia e non so dirti
quando è nata la passione per la recitazione. Forse c’è sempre stata, perché
io da quando ero piccola ho sempre detto di voler fare questo lavoro, quindi non
ho un ricordo preciso di quando ho detto che voglio fare l’attrice.
Con quali miti del cinema sei cresciuta?
Chi erano i tuoi idoli?
Da piccolina sono cresciuta con i film di
Vittorio De Sica. Mia madre era una grande fan e io li ho visti tutti grazie a
mia madre appunto e anche con il mito di John Wayne, perché mia madre era
proprio innamorata di lui e quindi ce lo faceva vedere continuamente e gli
stessi film li abbiamo visti più volte.
Sei venuta a Roma per studiare
recitazione. Come ricordi l’impatto con la Città Eterna e dove alloggiavi?
Ho affittato una stanza con dei coinquilini,
come fanno tutti gli studenti che vanno a vivere in una città perché ho
frequentato La Sapienza, l’università di psicologia, ho cambiato tante case
che ho sempre condiviso con i miei colleghi universitari, poi andando avanti,
anche con dei colleghi attori. L’impatto? Ora ci vivo da 25 anni e Roma è
proprio la mia città. Io ho origini napoletane e sicuramente quando torno a
Napoli mi sento a casa, mi bolle il sangue, amo il dialetto, però anche quando
vado all’estero, se penso a casa, per me è Roma. Roma è una città
importantissima, è la città dove è nata mia figlia, dove ho conosciuto il suo
papà, dove sono cresciuta fondamentalmente, perché avevo 18 anni quando sono
venuta a Roma e a quell’età succedono le cose più importanti della tua vita.
Sono molto legata a questa città e l’impatto è stato di grande euforia. Ero
sempre in giro con questo motorino e credo di conoscere meglio Roma di Napoli
oramai, conosco tutti i vicoli, tutti i posti da nord a sud. Roma mi dava
felicità e ci sono stati dei giorni d’estate in cui non tornavo neanche a
casa, non tornavo dai miei talmente mi piaceva vivere in questa città. Ho
passato persino delle estati intere a Roma i primi anni.
Radio, cinema e teatro. In quali di questi
ambienti pensi di dare il meglio o ti senti più a tuo agio?
Bella domanda. Non mi hai chiesto quale
preferisci (risata). Mi sento più a mio agio al cinema anche se amo follemente
il teatro, però ovviamente il teatro richiede una fatica immensa che
ultimamente mi sta coinvolgendo tantissimo perché ho molte proposte di teatro.
Però è il posto dove ti metti più in discussione e poi è il luogo che ti fa
tremare ed emozionare di più, quindi se dobbiamo parlare di agio, è più
comoda la macchina da presa che il palcoscenico.
Una tua ossessione professionale? Sei
pignola?
Sono una rompiscatole e arrivo ad essere
anche pesante, ma con tutte le ragioni. Quando vinco un provino e mi propongono
un ruolo, studio tantissimo perché sul set voglio essere preparata, quindi
pretendo la stessa cosa dall’altra parte. Quando mi trovo in una situazione di
mediocrità più che arrabbiarmi, mi ferisce, è come se mi mancassero di
rispetto.
Quali sono le tue ambizioni?
Ovviamente fare un grande film con un grande
autore. Mi piacerebbe essere la prossima protagonista di un nuovo film di Nanni
Moretti.
Hai mai avuto dei fan un po’ invadenti,
fastidiosi?
No, non c’è stato mai qualcosa che mi
abbia fatto chiedere aiuto oppure che mi abbia spaventata.
Sei una bella ragazza. Ricordi la
dichiarazione d’amore più divertente che hai avuto e che ami ricordare
sorridendo?
Ho avuto tante dichiarazioni d’amore e
quindi faccio fatica ad individuarne una, perché sono state tutte belle. La
dichiarazione d’amore è sempre un momento piacevole per chiunque. Ricordo una
dedica ad un concerto di pianoforte che mi
ha fatto un ragazzo tanti anni fa, con il quale ho avuto una storia d’amore.
Lui si chiamava Andrea, era un pianista e mi ha dedicato un intero concerto di
Chopin e l’ha proprio detto all’inizio del concerto che era dedicato a me.
E’ stato un momento bellissimo.
Oltre al lavoro curi delle passioni nella
vita?
Suono il “theremin” che è uno strumento
musicale, mi piace “Ableton live” che è un software che produce musica
elettronica. A me piace molto la musica elettronica e mi piace tantissimo la
tecnologia, quindi adesso ho imparato ad usare “Premiere” che è un altro
software e passo ore a montare il suono oppure immagini. Poi amo molto leggere,
anche se più che una passione, leggere è un dovere.
Ad una aspirante attrice, che consigli
vorresti dare?
Di studiare perché questo non è un lavoro
dove basta avere un bel visetto. Perché poi ti può succedere che ti va bene in
una fiction, ma poi duri poco. Quindi se una ha veramente il desiderio di fare
questo lavoro, deve studiare. Studiare vuol dire vedere tanto buon cinema,
quindi avere la consapevolezza dei grandi registi, dei grandi interpreti e
andare spesso anche a teatro. Per me studiare è questo, non vuol dire
mettersi sui libri ma devi continuamente cibarti di cinema e teatro.
Adesso rispetto a 20 anni fa, con internet possiamo arrivare ovunque, quindi
anche una ricerca ci può fornire gli strumenti che stiamo cercando, cioè il
cinema mondiale, i film più importanti del mondo, quelli che hanno fatto la
storia del cinema. Quindi se ti metti a vedere tre film a settimana di grandi
registi, già questo è studiare e se poi una volta a settimana riesci ad andare
a teatro, sarebbe meraviglioso e soprattutto staccarsi e depurarsi dai social
ogni tanto. Non è facile perché tutti siamo ormai connessi e lo facciamo in
automatico e quella roba là è scientificamente provato che ci porta
ad un crollo dell’attenzione enorme, la concentrazione è veramente
ridotta, perché io quando faccio molto uso dei social, ho problemi anche
rispetto alla memoria di un copione e poi stare tanto sul web porta anche alla
depressione. Quindi se vuoi fare l’attore, che è il mestiere più bello del
mondo ma anche il più difficile e doloroso, devi studiare tanto e non
scoraggiarti anche a tanti no, a tanti rifiuti.